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sábado, 4 de abril de 2015

La storia della Colomba Pasquale



Quando si pensa alla Pasqua si pensa all'uovo di cioccolata, alla pastiera e alla colomba: è qualcosa che fa parte ormai del retaggio culturale italiano. La Pasqua, si sa, è un momento da vivere attorno ad una buona tavola, spesso con una buona dose di dolci.
Ma qual è la storia della Colomba Pasquale? Ebbene, le ipotesi sono molte, alcune più leggendarie, mentre altre ben più prosaiche. Noi preferiamo scegliere quelle che stimolano maggiormente la fantasia, siamo fatti così.

















La colomba è da sempre un simbolo di pace e di fratellanza, ed il suo significato pasquale è molto chiaro. Ma quando si è in guerra, un gesto di pace può letteralmente salvare delle vite.
Siamo nella antica Ticinum, una città oggi chiamata Pavia, straordinario centro universitario e culturale lungo la Via Francigena, cammino di pellegrinaggio d'Europa che nulla ha da invidiare al Camino de Santiago.



La Via Francigena collega Canterbury con Roma, e poi continua fino a Gerusalemme.

Ebbene, all'indomani della caduta dell'Impero Romano d'Occidente, il vecchio continente è in preda alle invasioni barbariche, il nord Italia cade sotto i colpi dei Longobardi. Ticinum non fa eccezione: cadrà nel 572 ad opera del Re longobardo Alboino dopo un lunghissimo ed estenuante assedio. Per aver salva la vita, i pavesi si inventarono un soffice pane dolce a forma di colomba, simbolo di pacificazione, da offrire al potente re. Il re, dopo avere visto ed apprezzato le doti culinarie pavesi, decise di risparmiare la vita agli abitanti. Va detto che il dolce riuscì nell'impresa di conquistare il cuore del re, evidentemente, giacchè Ticinum divenne poi una potentissima capitale longobarda, nonchè sede del potere religioso: Ticinum infatti divenne proprio in epoca longobarda "Papia", cioè città dei papi, forse per via di essere stata la sede del primo vescovo ariano, una eresia cristiana molto diffusa tra i longobardi. Insomma, le colombe dolci erano già allora decisamente irresistibili!


La bellissima città di Pavia conserva ancora numerosi monumenti di epoca Longobarda. Sullo sfondo, la cupola del duomo

Ma c'è anche un'altra leggenda sulla nascita della colomba, sempre risalente all'area lombarda e sempre in epoca longobarda, questa volta siamo sotto il regno della regina Teodolinda (che non era ariana ma cattolica) e del re Agilulfo.


Un banchetto della Teodolinda rappresentato in affresco  nella cappella omoniman nel duomo di Monza, capolavoro della pittura gotica dei fratelli Zavattari. Da vedere!

Teodolinda favorì la conversione dei suoi concittadini anche grazie a persone assai carismatiche, come San Colombano, un santo Irlandese che era di passaggio nelle terre longobarde (la sua meta era raggiungere Roma, attraverso la già citata Via Francigena, per ricevere dal Papa l'approvazione della sua regola monastica).
Si dice che una volta, quando San Colombano era a cena con la regina Teodolinda, pochi giorni prima di Pasqua, si sentisse profondamente a disagio per via del bendidio che c'era a tavola: il banchetto era infatti pieno di ogni sorta di carne rossa, per lui off limits nel periodo della quaresima. Per evitare ogni problema di carattere religioso, san Colombano si offrì di benedire il banchetto. In un attimo, avvenne il miracolo! La selvaggina e le carni rosse si trasformarono in soffici ed irresistibili dolci a forma di colomba!

Va detto che San Colombano è una italianizzazione di un nome irlandese, Colum Bann, che significa proprio...colomba bianca! Quasi un marchio di fabbrica sul dolce che da lui sarebbe stato miracolosamente inventato!

Fin qui la leggenda...ma la storia è in effetti molto più breve e prosaica: la colomba, come dolce industriale moderno, sarebbe stato inventato infatti negli anni Trenta del Novecento dal pubblicitario Dino Villani, della industria dolciaria milanese Motta, che ebbe l'intuizione di riproporre questo dolce tradizionale a Pasqua utilizzando ingredienti simili a quelli del Panettone Milanese, per mantenere attive le fabbriche anche dopo il periodo natalizio.




Dino Villani, va detto, era un genio della pubblicità: fu lui ad inventare anche il logo della Motta, oggi riconoscibilissima icona dell'industria dolciaria milanese ed italiana.




Quale che sia la sua storia, oggi la Colomba è diventato un dolce davvero irrinunciabile per la Pasqua, la festa che sancisce a pieno titolo l'arrivo della primavera. Oggi la Colomba è addirittura un dolce inserito tra l'elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) del Ministero dell'Agricoltura, come ulteriore certificato di qualità di questo meraviglioso dolce.



Buona Pasqua a tutti!
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lunes, 23 de marzo de 2015

La storia e la ricetta della Pastiera Napoletana

E così siamo arrivati anche a Pasqua! E' sbocciata la Primavera! E con essa, anche delle belle novità: vi annunciamo infatti che partecipiamo alla bellissima rivista Blogirls 2.0 Magazine, tutta dedicata alla primavera! La rivista è in spagnolo, ma è godibilissima anche per il pubblico italiano...non perdetevela! Ma veniamo alla ricetta di oggi (di cui parliamo anche nella rivista): si tratta di un tipicissimo dolce pasquale della zona di Napoli: la pastiera!



Si potrebbe dire Neapolis sive Pastiera: Napoli, ovvero Pastiera. La pastiera e la città del Vesuvio infatti vuole la leggenda che siano nate insieme, ad opera delle stesse mani. Per la precisione, non mani esattamente umane, ma piuttosto mani di sirena: stiamo parlando infatti della sirena Partenope, che avrebbe fondato Napoli. 

Secondo la leggenda, Partenope sarebbe stata una delle sirene che nell'Odissea avrebbe cercato di incantare Ulisse con la sua voce, ma avendo fallito nel suo compito, si sarebbe gettata dagli scogli. Trascinata dal mare, sarebbe poi giunta nell'isolotto di Megaride, nell'odierna Napoli, dove oggi si trova il Castel dell'Ovo. Qui la sirena si sarebbe ripresa grazie alle cure degli abitanti del piccolo villaggio di pescatori locali. La sirena Partenope divenne allora la protettrice del villaggio e gli abitanti la iniziarono a Venerare come una divinità. Le mogli dei pescatori locali, per invocare protezione nei confronti dei loro mariti marinai, un lontano giorno di Primavera decisero di omaggiare la Sirena con dei doni della loro terra.

 Furono scelte sette giovani donne per consegnare a Partenope dei doni simbolici: la farina (simbolo di ricchezza), la ricotta (simbolo di abbondanza), le uova (simbolo della fertilità), il grano cotto nel latte (fusione panteistica tra il regno animale e quello vegetale), i fiori d'arancio (il profumo della terra campana), le spezie (simbolo dei popoli lontani) ed il miele (oggi sostituito dallo zucchero, simbolo della dolcezza del canto di Partenope). Questi ingredienti, simbolo della primavera, vennero mescolati dalle sapienti mani della sirena e la mattina dopo le donne trovarono al posto delle ceste degli ingredienti un dolce in cui tali sapori erano mescolati in maniera unica: era così nata la Pastiera, simbolo di Napoli ed al tempo stesso della Primavera.



Non sappiamo quanto sia autentica la leggenda, ma di sicuro la pastiera è molto antica, sembrerebbe che sia nata nella sua versione originale in epoca pagana, durante la Neapolis romana, quando sappiamo che i sacerdoti della divinità Cerere, dea del raccolto e della primavera, portavano in processione un uovo, simbolo di rinascita, concetto poi ripreso nella filosofia cristiana dalla festività primaverile della Pasqua. La ricetta di questo antichissimo dolce fu poi perfezionata nel corso del 1500 all'interno del convento della chiesa più sontuosamente decorata di tutta la barocchissima città di Napoli: la chiesa di Santa Patrizia, nel cuore della "via dei presepi" di Napoli.

La pastiera, assieme ai casatielli (altro dolce pasquale) viene citata all'interno dell'opera letteraria "La gatta Cenerentola" di Giambattista Basile, favola pubblicata postuma nell'anno 1634 o 1636 (a titolo di informazione, tale favola verrà poi ripresa da Charles Perrault per la sua famosa favola di Cenerentola).


Come aneddoto, possiamo raccontarti che la regina di Napoli, Maria Teresa di Asburgo-Teschen,
moglie di Ferdinando II di Borbone, era conosciuta dalla popolazione come la "regina che non ride mai". Questa fama durò finchè, dopo le insistenze del marito, non si decise a provare un pezzo di pastiera. Il sapore del dolce era così buono che la regina non potè contenersi e sorrise in pubblico per la prima volta. Il re ebbe a dire: "per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera. Ora dovremo aspettare la prossima Pasqua per tornare a vederla sorridere!".
La pastiera è una autentica cura contro il malumore, esattamente come i soleggiati giorni della Primavera.

Ricetta: (per due pastiere di circa 23 centimetri di diametro)

Ingredientes para la Pastiera

- Ingredienti per il ripieno:
550 g. di grano cotto; 700 g. di ricotta (meglio se mescolate pecora e mucca); 400 g. di zucchero; 500 ml. di latte; 50 g. di burro; 180 g. circa di frutta candita (cedro, arancia, ecc...); 5 g. di cannella in polvere; 5 ml. di aroma Millefiori o di fiori d'arancio; 6 uova; scorza di lomone al gusto.

- Per la pastafrolla:
450 g. di farina; 120 g. di zucchero; 60 g. di strutto (freddo); 180 g. di burro (freddo e tagliato in cubetti); 3 tuorli d'uovo; 1 cucchiaiata (5 g.) di Vanillina; scorza di arancia.

Preparazione:

1- Cominciamo preparando il grano. Versiamo il contenuto della confezione di grano cotto in una pentola (è pronto all'uso), e aggiungiamo il latte ed il burro. Rigireremo per bene il tutto per circa 15 minuti con un mestolo di legno a fuoco medio-basso, fino ad ottenere una consistenza cremosa. Il grano cotto puoi anche farlo in casa*. 

Pasta frolla o masa quebrada

2- Prepariamo la pastafrolla, aiutiamoci con una planetaria. Per prima cosa mescoliamo tutti gli ingredienti secchi, poi aggiungiamo il burro e la strutto, entrambi ben freddi e tagliati in cubetti. Mescoliamo bene, aggiungiamo i tuorli d'uovo, e poi torniamo a mescolare bene il tutto. A questo punto otterremo una massa molto farinosa, per ottenere una massa omogenea possiamo aggiungere poco a poco tre o quattro cucchiaini di acqua fredda. Lavoriamo la massa e formiamo una sfera, e la mettiamo nel frigo coperta con della pellicola trasparente per almeno mezz'ora.

Cortando la masa

3- Per il ripieno, mettiamo la ricotta (che non deve essere umida, è essenziale che sia molto fresca) nella ciotola assieme allo zucchero e mescoliamo per bene il tutto. Poi aggiungeremo la crema di grano cotto che abbiamo messo da parte in precedenza, aggiungiamo poi uova e cannella. Mescoliamo per bene il tutto ancora finchè non avremo una crema omogenea. Alla fine, metteremo anche l'aroma di Millefiori e la frutta candita. Se non trovate l'essenza di Millefiori, potreste eventualmente anche sostituirla per l'essenza di fiori d'arancio.

Molde recubierto de masa quebrada

Pastiera paso a paso


4- Ricopriamo di burro l'interno delle forme che abbiamo scelto per le nostre torte e copriamo il fondo ed i lati con la pastafrolla, ed aggiungiamo il ripieno. Di solito usiamo delle forme alte, ma potete scegliere la dimensione che preferite, l'importante è che siano metalliche. Copriremo la superfice della torta con delle striscette di pastafrolla, che ha sia una valenza decorativa estetica che una pratica: in questo modo la crema del ripieno, che si gonfia durante la cottura, non fuoriuscirà dalla base. Spennelliamo la superficie con dell'uovo sbattuto per dare un bel colore dorato al nostro dolce ed ecco fatto! Pronto ad essere infornato!

pastiera lista para hornear


5- Cuociamo il tutto in un forno preriscaldato a 180ºC per circa 60-75 minuti. Una volta cotta, lasciamo raffreddare completamente la pastiera. La tradizione dice che bisogna aspettare tre giorni prima di mangiarla: è infatti un dolce Pasquale che si prepara il Giovedì Santo e si mangia la Domenica di Pasqua. Ma chi mai potrebbe riuscire ad aspettare tre giorni con questa delizia in casa? Noi di certo no!

Pastiera napolitana


Interno Pastiera napolitana


Buon appetito e buona Pasqua!

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* Preparazione del grano cotto fatto in casa: questo è l'ingrediente principale della pastiera, e anche se oggi si trova comodamente pronto all'uso, magari lo volete fare in casa. Vi diremo noi come potrete fare:
E' un processo molto lungo, dobbiamo lasciare il grano in acqua per tre giorni (cambiando frequentemente l'acqua), e poi lo faremo cuocere in acqua per svariate ore, per poi alla fine cuocerlo ancora ma questa volta con latte, e per almeno tre ore. Non è un processo difficile, ma è comunque piuttosto lungo. Per questo motivo noi preferiamo le confezioni di grano cotto già pronte all'uso, che sono economicissime e hanno un sapore davvero eccellente!

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miércoles, 16 de abril de 2014

La storia dell'uovo di Pasqua

L'uovo di cioccolato è il simbolo stesso della Pasqua, assieme ad altri straordinari dolci come ad esempio la Pastiera o la Colomba pasquale. Sotto al sottile strato di cioccolato dell'uovo, però, sia esso cioccolato fondente, bianco o al latte, c'è un mondo pieno di miti e di leggende. Ma non vogliamo parlare di ricette, oggi, piuttosto vogliamo condividere con voi la storia dell'invenzione di uno dei simboli gastronomici più popolari del mondo occidentale. Come è stato creato? Chi lo inventò? E' una lunga storia, pertanto mettetevi comodi e cominciamo il viaggio indietro nel tempo!


Le uova sono sempre stati un forte elemento mitologico e simbolico, spesso collegate a eventi religiosi. Per esesmpio sono state ritrovate delle uova decorate risalenti addirittura a sessantamila anni fa...agli albori dell'umanità! In seguito, i Sumeri e gli Egiziani erano soliti mettere delle uova colorate di rosso nelle loro tombe. Gli antichi Romani usavano anch'essi delle uova dipinte di rosso, ma per metterle sotto terra durante la coltivazione dei loro campi, affinchè il raccolto fosse abbondante. In latino, dicevano "Omne vivum ex ovo", tutto ciò che è vivo viene da un uovo. E poi venne l'epoca di Gesù, e si dice, secondo una leggenda, che Maria Maddalena, scoperta la tomba vuota del Nazareno, andò dagli Apostoli a raccontare loro la novità. Ma Pietro, dubbioso, disse: "ti crederò solamente se le uova in quella cesta diventeranno rosse!", e così fu. Ritornando alla storia documentata, nella Mesopotamia dei primi cristiani era tradizione decorare le uova di rosso per ricordare il sangue di Cristo durante la Pasqua.


Ma fu con la Quaresima il tradizionale digiuno che le uova di Pasqua iniziarono ad essere collegate con un rito legato al cibo: le uova infatti venivano messe da parte durante tutta la Quaresima e venivano poi mangiate il giorno di Pasqua. Durante il Medioevo, inoltre, era tradizione donare delle uova alla servitù per le festività di Pasqua. Ci sono varie ipotesi poi su chi fu l'inventore delle uova di cioccolato, taluni affermano che possa essere stato Luigi XIV di Francia, altri che siano state le popolazioni del Sud America, luogo di origine delle fave di cioccolato (e della pianta del xocoatl). Di sicuro conosciamo che la tecnica di produzione dell'uovo di cioccolato così come lo conosciamo oggi fu inventata nel 1825 dal pasticcere olandese Coenraad van Houte. La tecnica è oggi conosciuta come "dutching", da "dutch", "olandese" in lingua inglese. Nel 1875 il maestro inglese del cioccolato John Cadbury iniziò poi la distribuzione massiccia delle antenate delle odierne uova di cioccolato.


Le mini uova di Pasqua di Cadbury

Poi, tra il 1885 e il 1917 le uova decorate divennero una icona mondiale per via
delle celebri uova inventate per gli Zar russi da Pietro Carlo Fabergé, il gioielliere russo. Data la popolarità delle uova decorate di Fabergé, le uova di cioccolato nel XX secolo divennero sempre più popolari, e iniziarono a contenere anche piccole sorprese nella cavità interna. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le uova di cioccolato divennero una icona della cultura popolare e del consumismo di massa legato al periodo pasquale e all'inizio della primavera. Antichi miti vennero fusi con nuovi personaggi, come ad esempio il coniglietto Pasquale, che secondo alcune tradizioni nord europee lascerebbe in giardino le uova di Pasqua. Oggi, in alcune zone dell'Inghilterra, della Germania e della Francia, nella giornata di Pasqua si organizza una caccia al tesoro con i bimbi alla ricerca delle uova di cioccolato. Si tratta insomma di una tradizione molto antica, precedente al Cristianesimo, a dimostrazione di ciò basti pensare che la parola inglese per Pasqua, cioè "easter", deriva dalla divinità pagana di Eostre, dea nordica della Natura, dei raccolti e della primavera.


Il nostro uovo di cioccolato pasquale di cioccolato fondente Novi..delizioso!


Tanti auguri di Buona Pasqua a tutti voi!

Tom

domingo, 13 de abril de 2014

Le torrijas di Pasqua spagnole


Continuiamo con l'elenco delle ricette tradizionali per Pasqua da tutto il Mondo, e oggi vi portiamo la ricetta delle tipiche torrijas. Si tratta di un dolce tipico pasquale proveniente dalla Spagna, anche se ci sono numerose varianti assai simili in altri paesi europei. E' un dolce di origine umile, anche se è difficile conoscere con esattezza le sue origini. Di solito si ritiene che sia stato creato nel XV da alcune suore decise ad alleviare le proprie sofferenze culinarie dovute al digiuno quaresimale, utilizzando il pane in eccesso. Ci sono anche altri documenti che affermano che le torrijas sarebbero state inventate nell'epoca dell'Andalusia araba, in cui esisteva un dolce noto come zalabiyya, che era un dolcetto o un panetto fritto mangiato zeppo di miele. Questa versione oggi si trova ancora in paesi come l'Egitto, la Siria o l'Algeria.



Le torrijas sono una ricetta tanto antica come facile da fare. Si tratta di un dolce facilissimo, ed è davvero un peccato non provare a farlo! ;)

zucchero con cannella
Ingredienti:

-  Pane tagliato a fette (possibilmente del giorno prima) 
- latte (in quantità sufficiente a bagnare il pane)
- la scorza del limone (anche dell'arancia)
-uovo
- cannela in rametto (facoltativa)
- zucchero
- cannela in polvere
- miele (facoltativo)
- olio d'oliva (per friggere)

Preparazione:

1º- Si taglia il pane a fette. Si potrebbe eventualmente fare anche con il pane per i sandwich, ma non sarebbe affatto la stessa cosa.

2º- In una pentola mettiamo a riscaldare il latte assieme alla scorza di limone o d arancia e alla cannella. Lasciamo che si sviluppi l'aroma.

3º- In una ciotola sbattiamo un uovo e lo mettiamo da parte. Prepariamo zucchero con cannella in polvere e lo mettiamo anche questo da parte.

4º- Mettiamo al fuoco una padella con un filo d'olio per friggere le nostre torrijas.

5º- Inzuppiamo le nostre fette di pane nel latte, stando attenti che non si rompano.Rimuoviamo il liquido in eccesso e poi le passiamo per l'uovo sbattuto e immediatamente le mettiamo nella padella per friggerle. Una volta fritte, le rimuoviamo e le mettiamo sulla carta assorbente da cucina e mettiamo sopra un po' di zucchero e di cannella. Ecco fatto!

Questa è la versione più tradizionale, le torrijas fritas. Si mette sopra un po' di zucchero e cannella, e eventualmente potete mettere anche un po' di miele, un liquore o un po' di gelato...decidetelo voi!

Un trucco che vi consiglio in particolar modo è quello di versare poco a poco con un cucchiaio il latte sopra il pane, affinchè si inzuppi a fondo. Mettetelo poi direttamente al frigo per poco tempo, in modo tale che resti duretto e non si rompa. In questo modo resterà ben più saporita, perchè quando si scongelerà friggendosi e il latte impregnerà la nostra torrija.


torrijas precedentemente congelate


in forno
Oggi inoltre vi presentiamo diverse forme di fare la stessa torrija, perchè a volte non ci va di mangiare fritto, anche se si tratta di un piatto tradizionale. Ecco perchè possiamo prepararle anche alla piastra o al forno, in modo tale che siano molto meno caloriche. Non abbiamo scuse per non mangiarci questo piatto tradizionale, parrebbe! ;) Ovviamente non verranno fuori saporite allo stesso modo, ma in questo caso vi raccomandiamo di aggiungere un po' di miele o di qualche liquore dolce, come ad esempio il Ronmiel de Arehucas, prodotto tipico canario!


torrijas in padella
               


                                    
 torrija alla piastra

                                   
 torrijas al forno
Infine, oltre alle torrijas di latte, esistono anche le torrijas fatte con il vino, e si ottengono nello stesso modo, solo cambiando il latte con il vino.

Le torrijas o altri dolci simili sono particolarmente diffuse in vari paesi del Sud America per via della immigrazione spagnola. In questi paesi vengono chiamate "torrejas" o anche "tostadas francesas". In altri paesi anglofoni invece vengono chiamate "french toast", anche se in generale con questo nome ci si riferisce a una versione fatta alla piastra.

Buona Pasqua a tutti!

 AnGie

martes, 8 de abril de 2014

Le gachas alla cordobese


Oggi vi portiamo una ricetta che ho visto a casa mia fin da quando ero una bimbetta. La mia nonna materna e tutta la sua famiglia erano di Cordoba, in Andalusia, e questo piatto è proprio tipico cordobese. La ricetta è stata tramandata di generazione in generazione fino ad arrivare prima a mia madre e poi a me, e adesso la condividerò con voi. A Cordoba le gachas sono un dolce molto conosciuto, ma non così tanto qui alle isole Canarie.

Si sa molto poco sull'originel delle gachas cordobesi, ma è abbastanza assodato che si tratti di un piatto con molti secoli di storia. Le gachas erano molto popolari nel medioevo, e ancora prima all'epoca dell'Al Andalus, l'era di dominazione araba in Spagna. Ma addirittura un piatto simile alle gachas era preparato persino in epoca romana, come possiamo vedere dal manoscritto dell'erudito e del gastronomo romano Marco Gavio Apicio, in cui si descrive una ricetta simile a questo dolce.

Le gachas si preparano con ingredienti assai semplici, e anche se sono tradizionali per il giorno dei Santi, il primo Novembre, nessuno può resistere a mangiarle in ogni altro giorno dell'anno.


Ingredienti:
  • 200 g. di farina (circa 8 cucchiai da zuppa)
  • 20 g. circa di matalauva (semi di anice)
  • 1/2 pelle di limone
  • 1 rametto di canella
  • 100 g. di zucchero ( al gusto)
  • Pane
  • Olio per friggere il pane ( 150 g. circa)
  • 1 pizzico di sale
  • latte (ho usato circa un litro e mezzo)
  • Polvere di cannella per decorare
Il pane fritto
Preparazione:

1º- Tagliamo in cubetti il pane e lo soffriggiamo un po' in olio, stando attenti a non lasciarlo bruciare. Togliamo dal fuoco il pane e lo mettiamo da parte.

2º- Mettiamo al fuoco un una pentola e versiamo dentro un paio di cucchiaiate d'olio. Quando l'olio inizierà ad essere caldo, mettereremo i semi di anice e toglieremo immediatamente la pentola dal fuoco, perchè se lo lasceremo al fuoco il sapore sarà molto amaro.
 
3º- Mettiamo di nuovo la pentola al fuoco e aggiungiamo un bicchiere di latte. Il latte può essere sia tiepido che freddo, io ad esempio preferisco mettere all'inizio il latte freddo e poi il latte tiepido per impedire che si formino i grumi...fate voi!
Latte, limone, cannella, olio e semi di anice.
4º- A fuoco basso, mettiamo la farina, la cannella in rametti e il sale e lasciamo che si incorporino per bene. Rigiriamo energicamente finchè non vedremo che la farina si sarà disciolta completamente nel latte. Aggiungeremo poco a poco un po' di latte, aspettando che si raddensi prima di versarne dell'altro, allo stesso modo di una besciamella. Dobbiamo rigirare in continuazione, per evitare che si creino i grumi. Ci vorranno circa 20 minuti prima di poter vedere ben cotta la nostra farina e avere quindi un sapore pieno.

5º- Quando avremo messo tutto il latte, vedremo che il liquido prenderà sempre più corpo, a questo punto aggiungeremo lo zucchero secondo la quantità desiderata e continueremo a rigirare. Proveremo lo zucchero per essere sicuri di non averne messo nè troppo nè troppo poco, secondo quello che desideriamo.
6º- Aggiungiamo il pane fritto che avevamo messo da parte. Rigiriamo e spegnamo il fuoco. A questo punto potrete provarle, e vedrete che le vostre gachas non avranno alcun sapore di farina cruda ma anzi, un delizioso sapore morbido al palato.
7º- Servire in una unica pentola oppure in porzioni individuali. Decoratela con la polvere di cannella e lasciate raffreddare il tutto prima di servire. A me comunque piacciono particolarmente quando sono ancora tiepide!



le gachas si realizzano anche con acqua al posto del latte, ma noi a casa abbiamo usato la versione di cui vi ho parlato sopra. In altre parti della Spagna, la parola "gacha" si usa anche per alcuni piatti salati.

In molte versioni si dice di aggiungere la pelle del limone all'inizio, assieme all'olio, e la tolgono poi quando si è fritta un po'. Io invece di solito la cuocio insieme al latte, lentamente, per estrarre gradualmente tutto l'aroma del limone. Inoltre mi piace anche mettere il pane dentro alla gacha, e non sopra in maniera decorativa come molti fanno, ma alla fine è questione di gusti! ;)

Spero che decidiate di provarlo e che vi piaccia!

Un saluto

AnGie